martedì 11 dicembre 2012

LA FABBRICA FANTASMA




Ieri mattina, per caso, mi sono imbattuta in questo foglietto.
Era su uno scaffale, vicino alla cassa del mio bar, sotto un barattolone enorme della nutella, vuoto.
Solo poco dopo, ho realizzato che erano le istruzioni di quel barattolo, che funge da radio sveglia.
Ma quello che ha destato la mia curiosità, non è stato il barattolone della nutella, ma bensì il nome della ditta che compare sulle istruzioni.
AUTOVOX; immediatamente qualcosa si è acceso dentro me.
Autovox era la ditta dove lavorava mio padre, anni or sono.
L'autovox è scomparsa , da circa trent'anni forse, ormai. Mio padre, da pochi anni, anche lui.
L'autovox era un complesso enorme, sulla via Salaria, una fabbrica di televisori, dove mio padre faceva il riparatore.
Trovare il suo nome , su delle istruzioni recenti, mi sorprende e mi colpisce.
Mio padre ci era cresciuto. Era stato il suo lavoro, la sua vita. Lo ricordo quando tornava a casa, stanco , ma felice, quando raccontava a mia madre gli aneddoti della giornata.
Ricordo che amava il suo lavoro, tanto che continuava ad esercitarlo anche in casa. Talvolta se lo portava da lavoro, talvolta 'arrotondava' aggiustando i televisori di qualche conoscente.
Mi rivedo piccola, troppo piccola per stare su una sedia, così lui mi metteva seduta sul tavolo in camera da pranzo e io seguivo le sue mosse, mentre si affaccendava con cacciavite, saldatori, misuratori...
Io restavo affascinata, da tutti quei fili, che uscivano dal retro di quella scatola che gracchiava e che emetteva immagini in bianco e nero, come fosse stata magica, e per me magico era lui, quando la faceva funzionare.
Rammento , quando un giorno tornò emozionato a casa, perché era stato scelto, per collaborare alla costruzione dei primi televisori a colori.
Ricordo l'emozione del giorno della Befana, quando all'autovox, organizzavano la festa per i dipendenti. C'erano regali per tutti i figli dei lavoratori, e non dimenticherò mai quella lotteria dove vinsi quella bambola; per la prima e unica volta nella mia vita avevo vinto il primo premio.
Era una bambola alta quasi quanto me, che camminava.
E sulla schiena aveva un disco , che ripeteva sempre:
UNA ROSA ROSSA PER LA MAMMA, CIAO MAMMA... ed emmetteva un rumorino particolare , simile a un bacio, come se lo stampasse sulle guance.
Io, con le mie piccole manine, la prendevo in braccio , e cercavo di avvicinarla a mia madre, lei sorrideva; sapeva che quel bacio, in realtà, era il mio.
Erano gli anni '60, del boom economico.
Ma come accade spesso, e oggi questa crisi ce lo insegna, la storia si ripete e quante cose cambiano.
Lentamente la fabbrica entra in crisi, causa la concorrenza straniera.
Si cominciano a licenziare gli operai, perchè la mano d'opera costa cara, e si sceglie di far fare i pezzi in Corea. 
Ma il prodotto, dapprima tra i più affermati sul mercato, comincia ad essere scadente e presto si affacciano sul mercato nuove ditte e più competitive.
Mio padre, nel frattempo passato di grado ad impiegato, è a capo di una catena di montaggio, ma non è più felice come prima.
E' preoccupato, sa che c'è in gioco il posto di lavoro.
Qualcuno, nella ditta stessa gli propone di erigersi a capo nel sindacato, ma mia madre non vuole, ha paura, sono anni difficili e così mio padre rifiuta l'offerta, bensì gli avessero offerto un salario più considerevole e un appartamento.
Passa un altro anno: mia madre non c'è più. 
Qualche tempo dopo mio padre si risposa. Andiamo ad abitare proprio di fronte alla fabbrica.
Tutti i giorni, mio padre e la mia nuova madre, rischiano la pelle, per traversare i binari, per andare a lavoro.
Ma nel frattempo, l'Autovox è sempre più spenta. Persino i capannoni sembrano più tetri, più grigi.
Finchè comincia la cassa integrazione ... anche per mio padre.
Lui non me l'ha mai detto. Come non mi ha mai detto, quante cose aveva dentro, perchè era fatto così, ma ci giurerei che il primo pezzo di vita l'ha lasciato lì, nella sua fabbrica fantasma.
Questa storia, si avvicina molto alla realtà di oggi, benchè io l'abbia vissuta tanti anni fa.
Per questo sono convinta che il tempo non è che un ciclo di eventi che si ripete e non possiamo farci nulla, se non sperare sempre in quelli migliori.
Ma ringrazio quel foglietto, che mi ha dato amore e dolore , nel tenerlo tra le mani ... uno sguardo nel tempo, per ricordare cose belle e meno, ma che sono stampate nel mio cuore e fanno parte delle mie radici.                     Patty





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